Da qualche anno sto seguendo dietro le quinte l’evoluzione dei servizi informatici per il processo civile. Non ho tempo né voglia di fare un intervento di quelli esaustivi, completi e accattivanti. Altri ne hanno scritti, una risorsa eccellente per cominciare è il sito del Ministero. Le informazioni sono in divenire molto rapido, per cui quello che è stato scritto sei mesi fa oggi èmolto probabilmente inaccurato in più di un punto.

Ciò che vorrei fare è dare qualche notizia basata sull’esperienza sul campo di problemi, inaccuratezze, omissioni e FUD, in modo puntuale. Quello che alcuni chiamerebbero “pillole”.

Cominciamo dall’ultimo caso che mi è capitato: la PEC (Posta Elettronica Certificata). Qualsiasi PEC va bene, se vi dicono di prenderne un’altra, vi stanno imbrogliando.

Sino ad ora i servizi informatici passavano per il Punto di Accesso (PDA). Se voglio interrogare lo stato di una pratica in modalità sincrona o asincrona, passo dal PDA. Se voglio depositare un atto, lo imbusto con un imbustatore e lo carico tramite la funzione del PDA (dove funziona). Se il Tribunale mi invia un biglietto di cancelleria, questo mi arriva alla posta elettronica attivata presso il PDA, tramite il quale solo posso accedervi.

Fra poco vi sarà una rivoluzione copernicana: le comunicazioni, le notifiche e il deposito degli atti verranno effettuati tramite PEC. Il Punto di Accesso servirà solo per interrogare lo stato delle pratiche. Ovviamente sarà necessario registrare uno e uno solo indirizzo di PEC al registro centrale (dovremmo già averlo fatto al nostro Ordine, e il nostro ordine avere comunicato la cosa al registro), dopodiché tutte le comunicazioni avverranno lì, e tramite quell’account sarà possibile depositare gli atti eccetera. Tanto è vero che sarà possibile essere registrati a più di un Punto di Accesso, mentre ora per accedere a un nuovo PDA è necessario disiscriversi dal precedente.

Gira voce che alcuni servizi funzioneranno solo con la PEC di alcuni fornitori, non si sa in virtù di quale magia. Niente di più falso: l’unico requisito perché la propria PEC funzioni è che questa sia regstrata presso l’elenco centrale (e ovviamente che sia una PEC riconosciuta dal DigitPA). Per cui, buona notizia! Per chi come me si è dotato di PEC ben prima della scadenza di legge e ha comunicato la stessa al proprio Ordine in modo diligente, ancorché non vi fosse sanzione alcuna, non è necessario comprarne un’altra da un fornitore di servizi diverso dal proprio.

Poiché io, come chiunque, posso essere tacciato di raccontare balle, ecco la risposta ricevuta da un dirigente del DigitPA a precisa domanda:

  <blockquote>

[…]Le rispondo:

  1. Sì, è vero che l’avvocato potrà utilizzare PEC di qualsiasi gestore di PEC accreditato da DIGITPA, con l’UNICO vincolo che tale casella di PEC sia quella DICHIARATA All’ORDINE DEGLI AVVOCATI giusta applicazione art. 16, comma 7 del d.l. 185/2008 convertito nella Legge 2/2009. Questo perché gli indirizzi di PEC utilizzati saranno quelli ESTRATTI dall’elenco riservato di caselle PEC dell’ordine degli avvocati
  2. Se si rispetta quanto indicato, non è necessario dotarsi di altre caselle di PEC

A futura memoria…

Disclaimer: le informazioni sono state ottenute nel corso di attività svolte per conto di un operatore economico fornitore di servizi nel campo del PCT.

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